Adolescenza: un mondo in “crisi”
L’adolescenza è quella fase della vita umana, normalmente compresa fra gli 11 e i 18 anni, nel corso della quale l’individuo acquisisce le competenze e i requisiti necessari per assumere le responsabilità di adulto. Nel processo di transizione verso lo stato di adulto entrano in gioco ed interagiscono fra loro fattori di natura biologica, psicologica e sociale. Anche se si presenta secondo modalità assai differenti da cultura a cultura, l’adolescenza sembra contrassegnata da alcuni fenomeni peculiari che possono essere considerati universali. Vi è il passaggio dal pensiero concreto a quello astratto (Piaget, 1967), s’impara a riflettere speculare, a costruire teorie, si danno complesse spiegazioni a ciò che ci circonda, in questo modo si elabora una propria visione del mondo. L’adolescente si trova di fronte alle prime scelte da compiere, alle prime assunzioni di responsabilità, segno di emancipazione e svincolo. Il pensiero passa da quello totalizzante dell’infanzia ad un modello di pensiero che, pur tenendo conto di alcune limitazioni è influenzato dalla tendenza infantile a ragionare per estremi, mancante dei gradi intermedi.
Inizia con la pubertà, lo sviluppo fisico e sessuale, ma non si limita ad essa. Al cambiamento fisico si associano esperienze emozionali molto intense, sia per la precocità o il ritardo del cambiamento rispetto a quello dei coetanei, che per la rilevanza dei cambiamenti corporei e dell’assetto pulsionale che impongono la ricerca di nuovi equilibri nei rapporti con il mondo e con il proprio sé. I cambiamenti fisici, d’altronde, fanno sì che l’individuo sia trattato in modo diverso da come era trattato bambino. Le richieste che gli sono rivolte si modificano. Pur non considerandolo ancora autonomo, ci si aspetta dal giovane un comportamento da adulto. Di questo mutamento di relazioni l’adolescente è particolarmente consapevole: in rapporto ad esso modifica il proprio atteggiamento verso se stesso ed il mondo circostante. Il primo indice di questo cambiamento di atteggiamenti, spesso conflittuale, si manifesta nel fatto che non accetta più di essere totalmente dipendente dalla propria famiglia e dalle varie forme di sostegno sociale-affettivo che la famiglia gli ha fornito sino a quel momento. Si apre al mondo dei pari.
In parallelo, altri cambiamenti nei confronti del mondo circostante sono attivati dall’aumentato numero di stimoli a cui l’adolescente pone attenzione, in rapporto ad un incremento del proprio interesse nei confronti dei sentimenti e stati d’animo, oltre che del mondo esterno. L’acquisizione, anche parziale, di autonomia permette di intraprendere nuove attività e di adottare stili di condotta diversi, collegati a nuove modalità di mettersi in rapporto con gli altri. I cambiamenti che si verificano mettono in discussione il sistema di rappresentazioni e di schemi che hanno regolato sino a quel momento le relazioni dell’individuo con il proprio corpo, con altri individui e gruppi, con attività, oggetti ed istituzioni sociali. Molte certezze consolidate sono così messe in discussione, anche perché immaginare il proprio futuro e prepararsi ad affrontarlo può risultare particolarmente difficile.
L’adolescente, in altre parole, si trova di fronte molte incertezze a proposito di come interpretare la propria esperienza, tanto più che non vuole più applicare ad essa i metri di giudizio familiare. E in momenti critici di questo tipo, in cui è in atto una vera e propria riorganizzazione del sistema di sé, che la specificità di un sistema sociale offre alla persona la possibilità di trovare soluzioni adeguate.
L’organizzazione della vita sociale di tutti i giovani in gruppi di età, tipica della società odierna, diviene decisiva. Essendo costantemente in contatto con tanti coetanei che condividono gli stessi problemi (a scuola, sul lavoro, nel tempo libero), l’adolescente rafforza ed estende le proprie relazioni con il gruppo di pari così che tali relazioni diventano più frequenti, intense, significative. Il gruppo diventa spazio in cui trovare conforto e sicurezza nell’accoglienza e nella compagnia dei pari, in opposizione al timore di non essere accettati e di non meritare l’apprezzamento degli altri (Castoldi, 2005). La riorganizzazione del sistema di sé, dunque, si verifica grazie a questa fitta rete di relazioni e di scambi in cui il soggetto, consapevole almeno in parte del cambiamento che lo concerne, verifica il proprio valore e riflette su se stesso. Integrati in un gruppo i giovani si sentono maggiormente capaci di contrapporsi alle richieste normative degli adulti e battersi per i propri ideali.
L’adolescente nella definizione di sé necessita dell’assunzione di un ruolo (identità), un ruolo sessuale (maschile/femminile) ed un ruolo sociale (nelle sue infinite possibilità ed articolazioni). Alla definizione di entrambi concorrono differenti fattori, sia soggettivi (interni ed esterni), sia inter-attivi o, se si preferisce, sociali, di gruppo. Il gruppo, rappresento una delle modalità alle quali i giovani ricorrono per risolvere i problemi di ruolo e specialmente per difendersi, autoescludendosi dalla scena più ampia.
Nella sua teoria dello sviluppo psicosociale E.H. Erikson, illustra otto fasi dall’infanzia alla vecchia. La quinta fase è quella dell’adolescenza. Secondo l’autore il mandato dell’adolescente è quello di acquisire un senso di identità che sia stabile ed integrato, rispetto ad uno precedente più diffuso. Si inizia a prendere consapevolezza dei tratti della propria individualità, delle proprie preferenze, dei propri obiettivi e desideri, delle proprie potenzialità ma anche dei propri limiti. Questo processo inizierebbe grazie all’identificazione con i propri pari e con le figure significative, che l’adolescente investe di autorità. La transizione dall’infanzia all’età adulta è un momento difficoltoso, che vede la coesistenza di due tendenze: una che spinge verso un mondo adulto, complesso, in buona parte sconosciuto e per alcuni versi inquietante, ed un’altra, dominata dalla riluttanza a lasciare un mondo sicuro, garantito tipico dell’infanzia. L’adolescente soffrirebbe di una certa confusione di identità.
La crisi di identità di cui parla Erikson nascerebbe dal tentativo messo in atto dall’adolescente di superare la confusione e l’ambivalenza per lasciare poi spazio alla propria identità, con le caratteristiche di stabilità, di coerenza e di separatezza dagli altri.
E’ in questa fase che si integrerebbe il senso della fedeltà ai propri schemi di riferimento (valori e ideologie). Infine, tipico di questo periodo sarebbe l’adesione a forme ideologiche, l’appartenenza ad un gruppo che confermi l’adeguatezza dei proprio valori.
L’adolescenza si conclude quando l’individuo è in grado di creare rapporti stabili e significativi con se stesso, con i gruppi di riferimento più prossimi e con il proprio ambiente di vita più ampio. Questa assunzione, fondata sul carattere attivo del rapporto sé-altri-mondo, indica che nel corso dell’adolescenza accadono avvenimenti che obbligano l’individuo a comportarsi e a definirsi in rapporto sia con l’ambiente in cui è inserito, sia con i gruppi di cui è membro, sia con le proprie trasformazioni. E’ possibile sostenere che ci sono molti modi diversi di vivere l’adolescenza e che lo stesso soggetto che cresce è parte attiva, costruttiva, della propria evoluzione. Ciò comporta che il considerare l’adolescenza come una fase contrassegnata esclusivamente da ribellioni e da conflitti (sia intrapsichici, sia fra l’attore e il suo ambiente più prossimo), o il vederla come un passaggio privo di scosse dall’infanzia all’età adulta, non è possibile.
Le caratteristiche della fase adolescenziale della vita hanno fatto sì che diversi autori si interessassero di questo argomento. Indubbiamente l’adolescenza si caratterizza come periodo di cambiamenti, crisi, difficoltà di diverso tipo, è anche il periodo di insorgenza di diverse psicopatologie più o meno gravi, che sconvolgono e determinano in alcuni casi il coro della vita di una famiglia (un esordio psicotico per esempio).
L’età adolescenziale può essere vista come la traversata di un fiume impetuoso. C’è, ad un estremo, chi, già sperimentato nella navigazione, può traversarlo in un giorno di quiete, guidato da un barcaiolo saggio che chiede la collaborazione attiva del passeggero, ne apprezza le qualità e trae dalle vicende dell’attraversamento occasione per aiutarlo a scoprire aspetti della vita minuti ma carichi di significato. C’è, all’altro estremo, chi, assolutamente privo di esperienza, deve imbarcarsi nella traversata in un giorno di tempesta, su un battello scricchiolante guidato da un barcaiolo ubriaco, insicuro di sé, disorientato. Non è detto che l’impegno profuso dal passeggero, anche se durissimo e carico di buone intenzioni, possa contribuire a portare a buon fine la traversata.
Fra i due estremi, poi, ci sono gli innumerevoli tipi di “passaggi” che toccano alla gran massa dei viaggiatori: alcuni molto difficili, altri impegnativi ma sicuri, altri relativamente facili seppur faticosi.
In realtà anche chi traversa le tempeste adolescenziali senza troppe ambasce non è alla fine del viaggio ma lo deve continuare in un paese nuovo, poco conosciuto, le cui mappe non sono sempre tracciate o aggiornate.
Ci sono due aspetti da sottolineare, in primis che tutti gli adolescenti affrontano diversi problemi: capita ad alcuni che siano distribuiti lungo il percorso e possano essere affrontati uno dopo l’altro, sì che l’impresa può avere una buona riuscita; capita a molti altri invece che essi si presentino complessi, più o meno aggrovigliati, tali da rendere assai difficile, a volte quasi impossibile, la risoluzione di essi.
Non c’è adolescenza senza problemi anche se nella maggior parte dei casi tali problemi possono essere, con un costo più o meno rilevante, risolti. I problemi, d’altronde, non sono entità fatali e incomprensibili che capitano a caso. Sono sempre in rapporto con il contesto culturale e sociale in cui l’adolescente vive, con le relazioni che egli ha con il suo ambiente più prossimo, con la sua storia.
Secondariamente nel percorso adolescenziale il protagonista non è mai del tutto solo: egli è sempre in compagnia di altri (genitori, insegnanti, coetanei, altre persone significative) che possono offrirgli una guida sicura e comprensiva, oppure richieste incomprensibili tali da svalorizzare il senso del suo impegno, o al limite dargli indicazioni frammentate e contraddittorie che aggiungono confusione alla mancanza di esperienza. Questo non vuol dire che in molte occasioni l’adolescente non si senta veramente solo e distante da tutti: in quei momenti egli avverte di non potersi fidare di nessuno, di dover dirigere da solo il proprio cammino. Tutti fanno, in momenti più o meno lunghi, questa esperienza: è augurabile che essa non sia quella più importante o, all’estremo, quella che contrassegna tutta l’adolescenza.