Stalking: quando la “preda” è una persona
Mito di Dafne e Apollo
E Febo l’ama; ha visto Dafne e vuole unirsi a lei, e in ciò che vuole spera, ma i suoi presagi l’ingannano. Come, mietute le spighe, bruciano in un soffio le stoppie, come s’incendiano le siepi se per ventura un viandante accosta troppo una torcia o la getta quando si fa luce, così il dio prende fuoco, così in tutto il petto divampa, e con la speranza nutre un impossibile amore. Contempla i capelli che le scendono scomposti sul collo, pensa: ‘Se poi li pettinasse?’; guarda gli occhi che sfavillano come stelle; guarda le labbra e mai si stanca di guardarle; decanta le dita, le mani, le braccia e la loro pelle in gran parte nuda; e ciò che è nascosto, l’immagina migliore. Ma lei fugge più rapida d’un alito di vento e non s’arresta al suo richiamo: «Ninfa penea, férmati, ti prego: non t’insegue un nemico; férmati! Così davanti al lupo l’agnella, al leone la cerva, all’aquila le colombe fuggono in un turbinio d’ali, così tutte davanti al nemico; ma io t’inseguo per amore! Ahimè, che tu non cada distesa, che i rovi non ti graffino le gambe indifese, ch’io non sia causa del tuo male! Impervi sono i luoghi dove voli: corri più piano, ti prego, rallenta la tua fuga e anch’io t’inseguirò più piano. Ma sappi a chi piaci. Non sono un montanaro, non sono un pastore, io; non faccio la guardia a mandrie e greggi come uno zotico. Non sai, impudente, non sai chi fuggi, e per questo fuggi. Io regno sulla terra di Delfi, di Claro e Tènedo, sulla regale Pàtara. Giove è mio padre. Io sono colui che rivela futuro, passato e presente, colui che accorda il canto al suono della cetra Infallibile è la mia freccia, ma più infallibile della mia è stata quella che m’ha ferito il cuore indifeso. La medicina l’ho inventata io, e in tutto il mondo guaritore mi chiamano, perché in mano mia è il potere delle erbe. Ma, ahimè, non c’è erba che guarisca l’amore, e l’arte che giova a tutti non giova al suo signore!». Di più avrebbe detto, ma lei continuò a fuggire impaurita, lasciandolo a metà del discorso. E sempre bella era: il vento le scopriva il corpo, spirandole contro gonfiava intorno la sua veste e con la sua brezza sottile le scompigliava i capelli rendendola in fuga più leggiadra. Ma il giovane divino non ha più pazienza di perdersi in lusinghe e, come amore lo sprona, l’incalza inseguendola di passo in passo. Come quando un cane di Gallia scorge in campo aperto una lepre, e scattano l’uno per ghermire, l’altra per salvarsi; questo, sul punto d’afferrarla e ormai convinto d’averla presa, che la stringe col muso proteso, quella che, nell’incertezza d’essere presa, sfugge ai morsi evitando la bocca che la sfiora: così il dio e la fanciulla, un fulmine lui per la voglia, lei per il timore. Ma lui che l’insegue, con le ali d’amore in aiuto, corre di più, non dà tregua e incombe alle spalle della fuggitiva, ansimandole sul collo fra i capelli al vento. Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e: «Aiutami, padre», dice. «Se voi fiumi avete qualche potere, dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui». Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra, il petto morbido si fascia di fibre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici, il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva. Anche così Febo l’ama e, poggiata la mano sul tronco, sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo, ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae. E allora il dio: «Se non puoi essere la sposa mia, sarai almeno la mia pianta. E di te sempre si orneranno, o alloro, i miei capelli, la mia cetra, la faretra; e il capo dei condottieri latini, quando una voce esultante intonerà il trionfo e il Campidoglio vedrà fluire i cortei. Fedelissimo custode della porta d’Augusto, starai appeso ai suoi battenti per difendere la quercia in mezzo. E come il mio capo si mantiene giovane con la chioma intonsa, anche tu porterai il vanto perpetuo delle fronde!». Qui Febo tacque; e l’alloro annuì con i suoi rami appena spuntati e agitò la cima, quasi assentisse col capo.
Ovidio, Le Metamorfosi
Il mito di Dafne e Apollo ci illustra in forma poetica il fenomeno dello stalking in cui la vittima, una ninfa scappa dall’ammiratore insistente, Apollo. Il dio non accettando il rifiuto la insegue fino al punto in cui Dafne per sfuggigli chiede aiuto e viene trasformata in albero. Un albero di Alloro di cui Apollo si appropria “se non puoi essere la mia sposa sarai la mia pianta”.
Un fenomeno che acquista nome e collocazione nosografica in ambito psicologico e psichiatrico solo dagli anni ’60 quando gli studiosi coniarono il termine star-stalking per indicare il comportamento molesto di ammiratori, psichicamente disturbati, ai danni di persone famose: personaggi del cinema, della politica della televisione.
Il termine scelto per descrivere questo comportamento ovvero stalking deriva dall’inglese “to stalk”, mutuato dall’ambito della caccia con significato di appostare, seguire, tampinare. Si riferisce al comportamento di “pedinamento furtivo” e alla “caccia in appostamento” che lo stalker agisce ai danni della vittima/preda.
La nuova nosografia acquista una valenza sociale di vasto interesse (Curci, 2003) in quanto evocatore di persecuzione e violenza incombente, grazie alla diffusione ed al successo mondiale di alcuni film iconici sullo stalking in cui venivano mostrate storie di persecuzione ossessiva e paranoide.
Oggi, il termine viene usato per indicare una forma di aggressione messa in atto da un persecutore, caratterizzata da modalità ripetitive, indesiderate e distruttive nella vita privata di un altro individuo, causando a quest’ultimo gravi conseguenze fisiche o psicologiche (Maran, 2010).
L’interesse per questo fenomeno ha portato a diversi studi epidemiologici che hanno evidenziato come gli episodi di stalking siano relativamente frequenti al di fuori del mondo ristretto dello show business e dei fatti di cronaca nera “maggiore” e che, anzi, i casi di stalking che si verificano nel contesto della violenza domestica sono di gran lunga prevalenti. La grande maggioranza di questi comportamenti, infatti, sono messi in atto da ex-partners di sesso maschile nei confronti di compagne che hanno interrotto o che vogliono interrompere la relazione, con intenti molteplici e spesso misti, come: il tentativo di ristabilire il rapporto, gelosia, vendetta per torti subiti percepiti, dipendenza, il desiderio di continuare ad esercitare un controllo sulla vittima.
I primi contributi apparsi si sono concentrati sulla relazione tra comportamenti di stalking e psicopatologia nell’aggressore. Solo successivamente si indagato l’impatto psicologico dello stalking sulle vittime e le possibilità di sostenerle e trattarle, un campo di ricerca psichiatrica ancora agli esordi.
Le sindromi
Con stalking si intende quindi insieme di atteggiamenti e comportamenti molesti messi in atto in modo continuativo, caratterizzati da appostamenti insistenti vicino all’abitazione della vittima e dai luoghi da lei più frequentati. Quindi comportamenti invadenti, di sorveglianza, controllo, comunicazione e dalla ricerca attiva della vittima, figura che ha paura, che è infastidita o preoccupata da tali attenzioni (Civilotti et al., 2020).
I comportamenti molesti si realizzano con intrusioni, commesse da un individuo verso la vita privata di un’altra persona, tramite pedinamenti, invio di lettere, biglietti, sms e chiamate assillanti solo per avere un contatto diretto con la vittima. Questi comportamenti suscitano nel bersaglio della persecuzione, stati di ansia e paura, che possono arrivare a compromettere la sua quotidianità.
I comportamenti dei molestatori si possono suddividere in (Mullen et al., 1999):
- Sindrome del molestatore assillante: un’interpretazione utile nei casi dove la dinamica in gioco è di comprensione meno facile rispetto a quelli (rari) costituiti dagli stalkers erotomani e quelli (comuni) che si riscontrano nei casi di violenza domestica. Può essere utile avvalersi di una concezione sindromica dello stalking, interpretato come patologia della comunicazione e della relazione.
La sindrome è costituita dalle seguenti componenti necessarie:
- con la quale e verso cui mette in atto; b. una serie ripetuta di comportamenti aventi i caratteri della sorveglianza e/o comunicazione e/o ricerca di contatto.
- A questi comportamenti corrispondono diversi tipi di risposte da parte del bersaglio che vengono a costituire, insieme agli agiti del molestatore, la tipica dinamica relazionale e comunicativa della specifica coppia; c. la persona individuata dall’attore (vittima) percepisce come sgraditi e intrusivi tali comportamenti e li avverte con senso di paura e minaccia.
Componenti accessorie, ma non necessarie, della sindrome sono la presenza di minacce esplicite da parte dell’attore e di atti di violenza a cose e persone, in particolare violenza fisica sulla persona individuata (o su chi si frappone nella coppia) o di tipo sessuale sulla vittima. Conseguenze possibili per la vittima sono grave stress emotivo con ripercussioni anche sul funzionamento sociale e lavorativo. (Aramini, 2002).
Tutti questi comportamenti condividono la medesima caratteristica: sono persecutori insistenti e la vittima che li subisce ne risulta impaurita e angosciata. Talvolta queste emozioni negative impediscono che il reato sia denunciato alle autorità competenti. Molte vittime che non rivelano le persecuzioni subìte, a causa del timore delle ripercussioni che la denuncia stessa potrebbe poi comportare (James e al., 2003).
Le vittime
Le dinamiche emotive sperimentate dalle vittime
Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.“ Haruki Murakami, libro Kafka sulla spiaggia
Una persona non esce dall’esperienza di stalking come vi è entrata. La continua e ripetuta violazione della libertà personale posta suscita modificazioni ed alterazioni della sfera emotiva, affettiva e relazionale, questa condizione può condurre ad un disturbo psicopatologico.
Lo stalking spesso si protrae per mesi o anni, le vittime vivono come in una gabbia, si sentono prigioniere di una rete che le controlla e le opprime. A causa di questa “cronicità” dei reiterati e persistenti comportamenti di stalking, le vittime vivono in uno stato di minaccia e di pericolo costante. Questo stato di allerta può perdurare per molto tempo anche dopo che i comportamenti di stalking hanno avuto fine.
Vittime possono essere non solo le persone molestate in prima persona ma anche le persone intorno alla “vittima primaria“. Lo stalking infatti è un comportamento che può coinvolgere anche familiari, parenti e amici della persona presa di mira, mettendoli in pericoli e riducendo drasticamente la loro qualità di vita, “vittime secondarie”.
Purtroppo sono ancora scarse le ricerche volte a stilare i fattori di rischio di vittimizzazione, eccetto la maggior probabilità per il sesso femminile.
Classificazione delle vittime
Mullen, Pathè, et altri (1999e 2000) classificano le vittime secondo la relazione con l’aggressore e il contesto iniziale delle molestie:
- Ex-Partner: la vittima è tipicamente una donna, benché non manchino casi di uomini perseguitati da ex-mogli. C’è anche una piccola percentuale di stalking perpetrato anche da aggressori dello stesso sesso della vittima. Vista la precedente relazione sentimentale con il molestatore, queste vittime sono soggette a lunghi periodi di molestia, e sono più probabilmente oggetto di violenza fisica. Spesso oltre allo stress emotivo, le vittime sviluppano un forte senso di colpa, credendo di aver istigato il comportamento dello stalker.
- Amici e conoscenti casuali: la vittima è generalmente un uomo, preso di mira dopo un incontro occasionale. Lo stalking è poco persistente e non arriva quasi mai alla violenza fisica.
- Professionisti: senza distinzione di genere, possono diventare bersaglio di stalking tutti quei professionisti che lavorano in contatto con persone sole, vulnerabili o disturbate mentalmente. Insegnanti, avvocati o infermieri ne sono un esempio, sebbene le categorie più a rischio siano rappresentate da psicologi e psichiatri. Operano in questa categoria stalker “incompetenti”, “in cerca di intimità” o “rifiutati”, soggetti quindi, incapaci, di rispettare il confine della relazione terapeutica. Il cui termine può costituire un momento di stress e un vissuto abbandonico facilmente interpretabile come un rifiuto.
- Sconosciuti: le vittime perseguitate da sconosciuti corrono un minor rischio di violenza fisica. Però i sentimenti più frequenti che le vittime provano sono quelli di confusione e disorientamento per l’incapacità di dare un senso alle persecuzione e all’identità dello stalker tanto che diventa perfino difficile uscire di casa.
- Persone famose: le vittime sono persone con una grande visibilità pubblica e mediatica come attori, modelle, cantanti, campioni sportivi o politici. Si parla di star stalking
- False vittime: le vittime inventano lo stalking come conseguenza sia di una patologia (deliri o disturbi fittizi) sia di una consapevole macchinazione ai danni di qualcun altro.
Danni psicologici alle vittime di stalking
La persona perseguitata dallo stalker manifesta sensazioni ed emozioni intense, che vanno da un iniziale stato di allerta e di stress psicologico, a intensi e pervasivi vissuti di preoccupazione, di timore per la propria vita, di rabbia e disprezzo per il molestatore, di colpa e vergogna per quello che sta loro accadendo. Questi sentimenti, in particolare la colpa e la vergogna, favoriscono l’isolamento, la chiusura e, di conseguenza, le richieste d’aiuto e soccorso si riducono. La vittima arriva così a sviluppare intensi stati d’ansia, disturbi del sonno e e quadri psicopatologici.
Sono state svolte diverse ricerche per valutare quali siano le conseguenze di comportamenti di stalking sulle vittime ad esempio Pathè e Mullen (1997), nel loro lavoro, hanno visto, attraverso un’indagine su di un campione di 100 vittime di stalking in Australia, come queste riportavano gravi ripercussioni a livello psicologico, lavorativo e relazionale. Nel 94% del campione sono stati riportati notevoli cambiamenti nello stile di vita e nelle attività quotidiane; nel 70% del campione c’è stata una significativa diminuzione delle attività sociali; mentre nel 50% era presente una diminuzione della propria attività lavorativa, in termini di ore, oppure l’ha cessata del tutto; il 34% ha cambiato lavoro e il 40% la residenza.
A risultati simili è giunto anche uno studio svolto in Olanda (Kamphuis et al., 2001, 2003) su un campione di 200 vittime di stalking. Esso ha documentato l’insorgenza, nelle vittime, di sintomi psicologici rilevanti e di numerosi casi di disturbo post traumatico da stress. La gravità dei sintomi è comparabile a quella che si riscontra nei soggetti che hanno subito classici traumi, come disastri aerei, rapine a mano armata e gravi incidenti automobilistici. Le vittime di stalking, quindi, riportano una serie di disturbi conseguentemente alle molestie subite, che modificano notevolmente la qualità della loro vita. Il livello di ansia è aumentato nell’80% dei casi. Il 70% delle vittime ha riportato disturbi cronici del sonno e pensieri ricorrenti riguardanti l’evento traumatico (55%). Il 50% ha avuto disturbi alimentari, stanchezza, debolezza e cefalee. Una piccola parte, infine, ha avuto problemi di depersonalizzazione (38%), incremento di uso di alcool e nicotina (25%) e persino ideazione suicidiaria (25%).
Nella letteratura scientifica (Gargiullo e Damiani, 2008) lo stalking è correlato all’insorgenza di diversi quadri di interesse psicopatologico:
- Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD, Post-Traumatic Stress Disorder) questo disturbo è la conseguenza a uno o più eventi traumatici come minacce di morte, gravi lesioni e persecuzioni persistenti ed angoscianti. Si manifesta con sogni o meglio incubi, ricordi invasivi in cui il paziente ha la sensazione che il trauma si ripeta e la presenza di un forte disagio psicologico in seguito a stimoli o eventi simili, anche interiori, alla situazione traumatica. A questo si aggiungono: comportamenti di evitamento di qualunque stimolo associato al trauma, amnesie dissociative, riduzione dell’interesse nelle attività sociali, distacco emotivo, affettività ridotta e una visione negativa del futuro.
- Il Complex Post-Traumatic Stress Disorder (C-PTSD) conseguente all’esposizione prolungata ad un trauma, come ad esempio abusi fisici, emozionali, sessuali e maltrattamenti ripetuti nel tempo. Secondo Van der Kolk e Courtois (2005), si tratterebbe di un disturbo che descrive le conseguenze dell’impatto negativo produce e la perdita di sicurezza, di fiducia, di valore e di autostima. Include, inoltre, evidenti difficoltà a livello emozionale e interpersonale.
- Un’altra ricerca evidenzia come le problematiche sono spesso presenti nella maggior parte delle vittime di stalking (Gargiullo, Damiani, 2008), l’esperienza traumatica delle molestie si traduce in una psicopatologia. I sintomi sono diversi: difficoltà nella regolazione delle emozioni, la costante rievocazione degli episodi traumatici, cambiamenti nella percezione di se stessi e del proprio molestatore, alterazione nelle relazioni con gli altri e perdita di fiducia.
- Somatizzazioni e Disturbi Somatoformi, ovvero disturbi fisici senza base organica che possa giustificarne la presenza, questi sono in stretto rapporto con l’ansia e il grave disagio emotivo che la vittima prova.
- più comunemente vi è l’esordio dei: Disturbi dell’Umore (Disturbo dell’Adattamento, Disturbo Distimico e Disturbo Depressivo Maggiore), Disturbi d’Ansia (Disturbo d’Ansia Generalizzato, Disturbo Post Traumatico da Stress DPTS e Disturbo da Attacchi di Panico);
- mutamenti caratteriali con comparsa o accentuazione di sospettosità, paurosità, introversione, stato di allarme;
- la tipica triade sintomatologica caratterizzata da hopelessness (mancanza di speranza), helplessness (senso di non poter essere aiutati) e worthlessness (sentimento di autosvalutazione);
- paura, vergogna, senso di perdita, minor fiducia negli altri, senso di isolamento.
- disturbi del sonno,
- reazioni depressive con sensazioni di impotenza
- comparsa di ideazione suicidaria.
- Con violenze fisiche (sessuali)
- Avversione sessuale; gli episodi di stalking, con violenze fisiche o sessuali, portano la vittima a sviluppare un quadro psicopatologico con ansia, disgusto, paura, repulsione e diminuzione della libido (desiderio sessuale). Le vittime possono mettere in campo diverse strategie disfunzionali di coping, comportamenti intresi ad evitare il come ad esempio andare a letto presto, trascurare il proprio aspetto fisico, dedicare eccessivo tempo al lavoro o allo sport.
- Vaginismo, si contraggono involontariamente i muscoli perineali che circondano il terzo esterno della vagina, rendendo dolorose e quasi impossibili le relazioni sessuali intime.
Nel campione di Purcell et al., un terzo delle vittime manifestava ancora problemi psico-patologici ad un anno dalla fine dello stalking.
In particolare, alcuni Autori descrivono una vera e propria sindrome specifica nella vittima di stalking, definita S.T.S. (Stalking Trauma Syndrome) e caratterizzata da aspetti analoghi ad altre fattispecie quali il disturbo post traumatico da stress (DPTS), la sindrome da maltrattamento e la sindrome da trauma da rapimento.
Anche il corpo nelle vittime di stalking porta le tracce della violenza, infatti, si riscontrano frequentemente: disturbi dell’alimentazione, abuso di alcool, insonnia, nausea e aumento nel consumo di sigarette.
Tuttavia le vittime non sviluppano un disturbo in modo determinato, i sintomi possono delinearsi come subclinici o transitori e possono essere compensati dalla resilienza di un soggetto, cioè possono scomparire in base alla capacità di adattamento di fronte a un evento traumatico.
Intervento terapeutico per le vittime
Non esistono studi outcomesul supporto e trattamento degli effetti psicologici dello stalking sulle vittime. Roberts & Dziegielewski, descrivendo il counselling offerto ad una vittima nella cornice di riferimento dell’intervento di crisi, sottolineano alcuni aspetti importanti. Affrontare per primo il tema della sicurezza personale della vittima ed iniziare il trattamento assicurandosi che la vittima abbia già preso le necessarie precauzioni e cautele personali e allertato e coinvolto il sistema legale. Il percorso di cura deve avvenire parallelamente all’attuazione di strategie anti-molestie e al potenziamento del sostegno sociale. Quasi sempre il ricorso all’aiuto professionale psicologico avviene quando la campagna di molestie è ad uno stadio avanzato, proprio quando la vittima avverte di “non riuscire a farcela da sola”.
Viste le traumatiche esperienze vissute è necessario un ambiente terapeutico empatico e non giudicante, che possa far sentire al sicuro ed accolta la vittima. Questo per favorire la creazione del legame terapeutico, di conseguenza l’apertura, la fiducia e la condivisione; la persona stalkerata è stata messa alla prova proprio sui temi di fiducia, confidenza affidamento all’altro, intimità. La capacità di fidarsi, infatti,può essere compromessa e il terapeuta dovrà porre attenzione a questa difficoltà così da poter instaurare una salda alleanza terapeutica.
La persona molestata, nella maggior parte dei casi, ha attuato diversi tentativi per porre fine alle molestie ma senza successo, anzi, alcuni di questi tentativi, possono avere peggiorato la situazione, erodendo così il senso di competenza (mastery), di autostima e provocando intensi sensi di colpa come avviene più di frequente nei casi di vittime di ex-partners, per i sentimenti di ambivalenza verso il molestatore.
Può avere buoni risultati sostenere la vittima e incoraggiarla ad un un atteggiamento attivo e un approccio centrato sul problema per rileggere le situazioni traumatiche così da normalizzare i possibili “errori” della gestione passata delle molestie. Collaborare nella ricostruzione di una sufficiente autostima e senso di autoefficacia. Cercando di evitare un’eccessiva dipendenza dal terapeuta che possa rinforzare l’idea che la vittima è effettivamente senza risorse e vulnerabile.
L’elaborazione emotiva degli episodi di stalking è estremamente doloroso ma necessario per ridefinirsi come persona senza colpe per quanto accaduto, vittima sopravvissuta. Abbattere il muro della vergogna e della paura che crea l’isolamento. Ci si concentra soprattutto sull’elaborazione emotiva degli episodi di stalking. Le vittime hanno subito una modifica delle loro precedenti convinzioni di base, riguardo la ragionevolezza e la sicurezza dell’ambiente in cui vivono che hanno messo a dura prova il loro equilibrio. Hanno, quindi, un estremo senso di vulnerabilità e ansia di subire un’aggressione da un momento all’altro. La terapia, in questo caso, mira a ristrutturare le convinzioni patologiche che minacciano il funzionamento delle vittime di stalking, dando loro la possibilità di formarsi una visione più realistica e accettabile del proprio senso di sicurezza.
Quando lo stalking è ancora in corso, i timori della vittima hanno una base reale, quindi gli strumenti cognitivi, vanno comunque forniti senza perdere di vista il problema reale della sicurezza. Può risultare utile integrare anche interventi comportamentali, come compiti di esposizione graduale e di desensibilizzazione, che possono aiutare a riprendere gradualmente le attività precedentemente abbandonate e a superare l’ansia. Durante il percorso psicoterapeutico è molto importante coinvolgere i familiari più significativi nella vita della vittima. Poichè possono sostenerla nelle sue esigenze di sicurezza e possono aiutarla nella formazione di strategie ottimali per affrontare il problema.
I gruppi di auto-aiuto sono una buona nstrategia di intervento per alcuni pazienti poiché possono diminuire i sentimenti di isolamento e stimolano lo sviluppo del senso di comprensione verso se stessie conferma reciproca.
La psicoeducazione sullo stalking: si lavora sulla conoscenza e le conseguenze delle reazioni dello stalker e sugli effetti psicologici che tutto ciò ha sulla vittima. In base alla risposta del paziente lo si incoraggia a chiedere sostegno sociale e legale, interrompere qualsiasi contatto con lo stalker, adottare misure preventive come ad esempio traslocare o cambiare lavoro e per ultimo aumentare la fiducia in sé stessi. In alcuni casi, si consiglia di prendere lezioni di auto-difesa, per ridurre i propri sentimenti di impotenza ed aumentare la fiducia in se stessi.
Lo stalker
Lo stalker in generale manifesta un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa che non sempre corrisponde ad un preciso quadro psicopatologico.
Sebbene non esista ancora una classificazione ampiamente accettata delle caratteristiche dello stalker, è possibile rintracciarne alcune in letteratura suggerite da esperti di diversi ambiti. Queste tipizzazioni sono un tentativo di schematizzare un fenomeno molto complesso e sfaccettato, per cui va letto come un orientamento generale.
I primi a proporre una classificazione degli stalkersono stati Zona, Sharma e Lane (1993). Essi hanno basato la loro rassegna su 74 fascicoli dell’Unità di gestione delle minacce del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, che successivamente fu arricchita di altri 126 casi.
Nel 1995, Harmon, Rosner, Owens suddivisero in categorie gli stalkerin base alla natura del legame di attaccamento con le loro vittime o alla tipologia di relazione con essa instaurata. Vennero considerati 48 casi seguiti presso la Criminal and Supreme Court of New York. Gli autori descrissero due stili di attaccamento originali individuati negli stalkerverso le vittime: quello affettivo-amoroso e l’attaccamento persecutorio-irato.
In un altra classificazione troviamo sulla base delle motivazioni e del contesto delle molestie inferite dai ricercatori su un campione di 145 stalkers, Mullen et al. (1999) hanno formulato, e più volte riproposto, la classificazione dei molestatori assillanti in:
- Il molestatore “rifiutato” si opporrebbe alla fine di una relazione intima con azioni intese a ristabilirla e/o ottenere una “rivincita”. A questo tipo di stalker il repertorio comportamentale intrusivo consentirebbe di mantenere un apparenza di continuazione della relazione con la vittima. Spesso sono affetti da un disturbo di personalità e sarebbero passibili di rispondere a sanzioni giudiziarie in quanto capaci di interrompere o limitare la continuazione delle molestie. È la classe che più di frequente che mette in atto attacchi violenti: un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. Di solito è un ex che mira a ristabilire la relazione, oppure a vendicarsi per l’abbandono, potrebbe oscillare tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo. La persecuzione rappresenta una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile
- I molestatori “in cerca di intimità” aggrediscono vittime sconosciute o conoscenze superficiali di cui si sono infatuati, con o senza la convinzione che l’amore sia corrisposto, nel desiderio di formare una relazione. Il comportamento di stalking soddisferebbe bisogni e fantasie di contatto e intimità. Erotomani, molestatori di celebrità e una consistente porzione di stalkers psicotici apparterrebbero a questa categoria. Scrivono più lettere degli altri molestatori, inviano più doni, le loro campagne di molestie tendono a durare più a lungo. Sarebbero poco scoraggiati da azioni legali, che sono portati a considerare come il prezzo da pagare per ottenere il “vero amore”. La cura del disturbo psicotico, quando presente, potrebbe ottenere successo anche nell’inibire il comportamento di molestie. Questo è spinto dal bisogno di creare una relazione affettiva con la vittima, si tratta di un tipo di soggetto che ricerca una relazione e delle attenzioni di amicizia e amore. La vittima viene scelta a partire da una o più caratteristiche anche superficiali o solo presunte: viene vista come una persona che può riempire quella mancanza di amore o di affetto avvertita. Il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato con la convinzione che questo abbia bisogno di sbloccarsi e superare qualche difficoltà psicologica o materiale che impedisce la relazione. Ogni segnale di vicinanza o di confidenzialità espressa dalla vittima viene interpretato come chiara espressione del desiderio di contatto e vicinanza emotiva, che giustifica quindi i comportamenti di avvicinamento.
- Lo stalker “inadeguato” sarebbe un corteggiatore fallito in cerca di partner. Data l’ignoranza o il dispregio per le convenzioni sociali, i suoi sforzi sono nel migliore dei casi controproducenti, se non causa di grave preoccupazione nelle vittime. Spesso sono individui dalle scarse competenze sociali o intellettivamente limitati che, generalmente, possono essere distolti dal continuare le molestie, ma che di frequente riprendono il loro comportamento con un nuovo bersaglio. Qesto tipo di molestatore tiene un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza relazionale. Risulta “incapace” in termini relazionali e per questo inadeguato all’entrare in relazione con la vittima. Ciò si traduce in comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e offensivi. La vittima si sente oppressa, “invasa” e aggredita.
- Il molestatore “rancoroso” molesta per vendicarsi di un torto che percepisce avere subito dalla vittima. Di solito è un ex-partner che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivi ingiusti. Il suo comportamento è, quindi, motivato dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito e che, a suo avviso, lo legittima a rispondere. Agisce ledendo direttamente la persona, la sua immagine o le sue proprietà (casa, macchina, ecc). E’ il tipo di stalker che pubblica sul web foto o immagini private, aspetta fuori casa o segue la vittima, danneggia la sua macchina, ecc. Si tratta di una tipologia pericolosa che può ledere non solo l’immagine della persona ma anche la persona stessa. Siamo di fronte ad una scarsa analisi della realtà che porta a considerare giustificati i propri comportamenti. Può soffrire di un disturbo di personalità di tipo paranoide e, di solito, tende ad abbandonare il comportamento solo se il costo in termini legali è troppo alto. Malgrado l’alta frequenza di minacce in questo gruppo, il rischio effettivo di violenza fisica sarebbe basso.
- Lo stalker “predatore” segue e spia la vittima al fine di preparare un attacco, di solito una violenza sessuale, gratificando il desiderio di controllo e soddisfacimenti parziali di tipo sadico e/o voyeristico. In questo gruppo c’è un alto tasso di violenza perpetrata: il molestatore è mosso dal desiderio di avere un contatto di tipo sessuale con la vittima, che pedina, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto e nelle reazioni di paura di quest’ultima.
La personalità del molestatore
Non esiste una precisa classificazione delle caratteristiche dello stalker, ma diversi esperti hanno creato classificazioni per necessità pratiche e teoriche, sulla base delle loro esperienze. Tra tutte la più importante è sempre quella di Mullen e Purcell (1999 e 2000), che hanno utilizzato con un approccio diviso su tre assi:
Motivazione e contesto: il primo asse riguarda la motivazione dello stalker e il contesto in cui agisce. Ovvero capire la funzione del comportamento dello stalker, sia in termini di bisogni e desideri che cerca di soddisfare, sia in termini di gratificazioni che possono far perpetuare il comportamento persecutorio. Anche il contesto nel quale tale condotta si manifesta, serve per poter meglio comprendere gli obiettivi e le strategie dello stalker.
Natura della relazione: il secondo asse riguarda il tipo di rapporto preesistente con la vittima (Amico, Partner precedente, Collega), comprende l’analisi dei rapporti con partner precedenti, i suoi contatti professionali, i rapporti con gli amici e i conoscenti.
Diagnosi psichiatrica: il terzo asse include l’eventuale diagnosi psichiatrica, all’interno della quale si distinguono due ambiti:
– Il gruppo psicotico, che comprende patologie quali la schizofrenia, i disturbi deliranti, le psicosi affettive e le psicosi organiche;
– Le patologie non psicotiche, tra cui i disturbi di personalità, i disturbi d’ansia e i disturbi dell’umore.
Analizzando e integrando tutti e tre gli assi è possibile tentare di prevedere:
la durata e la natura dello stalking, e il rischio di minacce e violenza.
In un articolo pubblicato sul Journal of Criminal Justice (Patton, Nobles, Fox, 2010), emerge una relazione tra stalking e teoria dell’attaccamento. Nello specifico, è stata riscontrata una relazione tra alcuni comportamenti dello stalker e disturbi di personalità cluster B (AA.VV. in Meloy J., 1998 e 2007). E’ quindi possibile indagare come i pattern di attaccamento del bambino con la madre proposti da Bowlby (1969, 1973) si associno alle caratteristiche di personalità dello stalker. Dallo studio svolto da Patton, et altri (2010) emerse che l’attaccamento insicuro-ambivalente-ansioso, un tipo di attaccamento disfunzionale, era significativamente associato a comportamenti di stalking. Gli individui che presentano pattern di attaccamento di questo tipo si caratterizzano per ansia nelle relazioni e tendono a mettere in atto comportamenti associati a gelosia e rabbia verso il partner; inoltre mettono in atto comportamenti intrusivi, molesti e persecutori nei confronti dell’ex partner. Kienlen e colleghi (1997), invece, hanno intuito come molti stalker presentano uno stile di attaccamento insicuro che viene rinforzato dal rifiuto da parte delle vittime e dalla loro riluttanza a continuare la relazione. Dennison e Stewart (2006), infine, hanno scoperto come sentimenti di gelosia , rabbia, bisogno di controllo e un attaccamento di tipo disfunzionale possano essere dei predittori di questo comportamento persecutorio. Nonostante le correlazioni positive tra attaccamento insicuro-ansioso e stalking (Guerrero, 1998; Lewis et al., 2001; MacKenzie et al., 2008), i risultati non hanno ancora raggiunto una coerenza empirica.
Rosenfeld (2003) ha identificato gli alti tassi di recidiva degli stalker dopo la detenzione, nello specifico il 49% dei casi durante un periodo che varia dai due anni e mezzo fino ai 13 (l’80% dei quali ha recidiva durante il primo anno). Visti questi risultati appare chiaro come gli atti clinici incentrati sugli stalker debbano essere ripensati (Coker et al., 2016; MacKenzie & James, 2011; Rosenfeld et al., 2007).
Nella maggior parte degli studi viene indicato come uno stato della mente (SoM) preoccupato sia collegato più fortemente all’adozione del comportamento persecutorio (Nicastro, Cousins, Spitzberg, 2000; Davis et al., 2000; Patton et al., 2010). A causa della vulnerabilità personale legata all’immagine di sé, questi soggetti ricercano la prossimità in modo estremizzato. Al contrario degli studi sopra citati, Levinson e Fonagy (2004) hanno scoperto come gli stalker hanno maggiori probabilità di avere uno stato della mente sprezzante caratterizzato da un disconoscimento legato alle proprie esperienze precoci e un livello molto basso di capacità di ragionamento riflettente. Secondo i ricercatori, la difficoltà nei processi cognitivi e la bassa capacità di mentalizzazione può essere collegata ad un monitoraggio aggressivo, rendendo questi soggetti più inclini a danneggiare altre persone (Civilotti et al., 2020).
Che fare? Strategie di resistenza
Una completa e diffusa informazione riguardo allo stalking è tuttavia ancora carente; le particolari modalità con cui viene messo in atto, inoltre, lo rendono un fenomeno a cui risulta difficile rispondere con tempestive azioni di difesa e denuncia da parte di chi lo subisce. Una maggiore conoscenza e la capacità di saperne individuare i segnali, è il modo migliore per permettere di tutelare le persone in maniera più efficace.
In molti casi, ciò che spinge a compiere questa forma di violenza è una profonda incapacità di tollerare gli abbandoni e l’illusione di poter ristabilire una relazione attraverso il controllo dell’altro. Si tratta, spesso, di qualcuno conosciuto dalla vittima e diventa difficile per quest’ultima prendere consapevolezza di come una persona un tempo amata, stimata o rispettata si presenti ora nelle vesti di un persecutore, portando ad una sorta di immobilità che non permette una pronta reazione alle vessazioni subite.
Lo stalker in genere conosce la propria vittima, raffinato manipolatore sa cosa dire, quali strategie usare per metterla sotto scacco.
Il primo passo per la vittima di stalking è di riconoscere il problema, individuando quegli elementi che identificano tipicamente il fenomeno. Un primo segnale è dato dall’insistenza e la reiterazione delle azioni, altri indicatori possono essere: le continue richieste di incontro, l’indisponibilità all’ascolto, la percezione di disagio e disorientamento che si avverte in sé, così come l’insorgere di insicurezza non completamente spiegabile, i sentimenti di solitudine.
Occorre informarsi sull’argomento e comprendere i rischi reali che questa situazione comporta, seguendo poi dei comportamenti volti a scoraggiare gli atti di molestia. Ogni caso ha una storia a sé ed è quindi necessario affrontarla in maniera specifica. Il tipo di relazione insana che lo stalker mette in essere rischia di coinvolgere la vittima in sottili giochi che la portano sempre più nel centro della rete tessuta a suo danno.
Se si pensa di essere vittime di stalking, è importante poterne parlare con qualcuno: la propria rete relazionale, uno psicologo e, se si avverte di essere in pericolo, le forze dell’ordine.
In linea generale, è opportuno cercare di evitare l’incontro col proprio persecutore, non frequentare luoghi isolati ed evitare di creare una relazione anche solo verbale con lui. Dimostrarsi disponibili all’ascolto o alla comprensione, oppure farsi vedere impauriti creano uno spazio relazionale tra vittima e stalker che incrementano in quest’ultimo la convinzione di avere ancora qualche speranza di ripristinare la relazione e lo portano a proseguire nelle proprie condotte persecutorie. Davanti a richieste di iniziare o ristabilire una relazione, la risposta negativa deve essere ferma e chiara: inequivocabile. Lo sforzo di convincere, o la tentazione di dare interpretazioni all’agire persecutorio che inducano a vedere in chi lo attua bisogni di aiuto o cure, saranno tutte lette dallo stalker come reazioni ai suoi comportamenti e quindi rappresenteranno dei rinforzi. Anche la restituzione di un regalo non gradito, una telefonata fatta con rabbia o una risposta ad un messaggio, per quanto negativa, sono tutti segnali che rinforzano lo stalking.
Se le molestie sono telefoniche, è consigliabile non cambiare numero. Anche in questo caso, le frustrazioni aumenterebbero la motivazione allo stalking. È meglio procurarsi un secondo numero, lasciando che la vecchia linea diventi quella su cui il molestatore può continuare a telefonare: potremmo, ad esempio, silenziare la suoneria e rispondere gradualmente sempre meno. Teniamo sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza.
Se si pensa di essere in pericolo o seguiti, è necessario contattare le forze dell’ordine. Per quanto possa venire percepito come esagerato, sarebbe opportuno conservare tutte quelle prove che testimoniano la persecuzione: lettere, sms, chiamate ricevute potrebbero rivelarsi importanti in caso di denuncia.
Vincere la tendenza all’isolamento e alla paura del giudizio altrui, ricercando un sostegno esterno, è un passo decisivo per chi si senta preso di mira da condotte persecutorie. Anche nel dubbio o nell’incapacità di dare un nome preciso alla situazione che si sta vivendo, ricorrere al supporto di chi ci è vicino e/o ad una consulenza qualificata, permette di fare chiarezza su ciò che ci sta succedendo e a compiere il primo passo per uscirne.
Conclusioni
Gli stalker attuano una serie di comportamenti invadenti, motivati ossessivamente dalle ansie legate alla percezione del rifiuto, alla rappresentazione dell’Io come giusto, alla mancanza di controllo degli impulsi, all’idealizzazione delle figure di attaccamento, all’ansia da separazione e ad una teoria personale soggettiva sullo stalking (Civilotti et al., 2020). Rappresenta l’incapacità dell’uomo dei nostri tempi di tollerare la frustrazione dell’abbandono ma, soprattutto, la possibilità che sia l’altro, il debole, ad interrompere la relazione.
In generale la convinzione delle persone che mettono in atto una di queste forme di stalking è la pretesa di ricevere in cambio del proprio “amore” lo stesso sentimento dall’altra persona, senza la percezione e il rispetto del vissuto dell’altra persona. Si sentono cioè in diritto di pretenderlo e non accettano il rifiuto.
Le molestie sono ripetute, assillanti, in frequenza sempre maggiore; il normale svolgimento della vita quotidiana della vittima arriva ad essere seriamente compromesso, fino ad arrivare a un continuo stato di ansia e paura.
La sensazione di disorientamento e l’incapacità di spiegarsi cosa stia accadendo, sono vissuti frequenti nei casi di violenza psicologica e possono implicare sentimenti di vergogna o reticenza a confidarsi con qualcuno. Questo comporta il rischio, per la persona che subisce, di ritirarsi sempre più dal contatto sociale, finendo per isolarsi, permettendo così il realizzarsi di uno degli obiettivi dello stalker che è proprio quello di portare la persona vessata all’isolamento dalla propria rete sociale. La reiterazione, la frequenza e la continuità delle molestie porta all’esasperazione della vittima e a provare sentimenti di ansia e paura sempre più intensi.
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